Paulo Coelho

Sono come il fiume che scorre

 

Frase pronunciata da Shimon Peres al World Economic Forum di Davos, nel 2000: “Alla fine, sia l’ottimista sia il pessimista muoiono. Ma hanno goduto la vita in maniera del tutto differente”

 

 

Eva stava passeggiando nel Giardino dell’Eden quando le si avvicinò il serpente.

“Mangia la mela”, le disse.

Poiché era stata messa in guardia da Dio, Eva rifiutò.

“Mangia questa mela,” insistette il serpente. “Così diventerai più bella per il tuo uomo”

“Non ne ho bisogno,” replicò Eva. “Lui non ha nessun’altra donna all’infuori di me”

Il serpente rise.

“Ti sbagli, ne ha!”

E siccome Eva non gli credeva, la condusse in cima a una collina, dove c’era un pozzo.

“E’ dentro questo buco. Adamo l’ha nascosta lì”

Eva si affacciò e, riflessa nell’acqua, vide una bella donna. Subito mangiò la mela che il serpente le offriva.

 

Secondo la tribù marocchina presso la quale circola questa storia, vanno in Paradiso tutti coloro che si riconoscono nel riflesso del Pozzo e non temono più se stessi.

 

 

LA STORIA DELLA MATITA

 

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. A un certo punto, le domandò:

“Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me”

La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote:

“E’ vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto”

Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale.

“Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!”

“Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell’esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo.

“Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. “Dio”: ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà”

“Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E’ un’azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.

“Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un’azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia

“Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.

“Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione”

 

 

 

 

GENGIS KHAN E IL SUO FALCO

 

Una mattina, il grande condottiero mongolo Gengis Kahn e la sua corte partirono per una battuta di caccia. I compagni portarono archi e frecce; lui, invece, teneva sul braccio il suo falco preferito – migliore e più preciso di qualsiasi dardo, giacchè poteva levarsi alto nel cielo e scorgere tutto ciò che un essere umano non avrebbe mai potuto vedere.

Ma, nonostante l’entusiasmo che animava il gruppo, non riuscirono a catturare nemmeno una preda. Mentre facevano ritorno all’accampamento, Gengis Kahn – deluso – si separò dalla comitiva, scegliendo di procedere da solo, per non scaricare la propria frustrazione sui compagni.

Si erano trattenuti nella foresta più di quanto avessero previsto, e il grande condottiero era terribilmente stanco e assetato.

A causa della calura estiva, i torrenti erano in secca, e questo gli rendeva impossibile dissetarsi. Finalmente, gli apparve una sorta di miracolo: un filo d’acqua che scendeva da una roccia proprio di fronte a lui.

Subito allontanò il falco dal braccio, prese il piccolo calice d’argento che portava sempre con sé e lo riempì lentamente.

Quando stava per portarlo alle labbra, il falco spiccò il volo e glielo strappò dalle mani, facendolo rotolare lontano.

Gengis Khan s’infuriò, ma quello era il suo animale preferito, e forse aveva una gran sete pure lui.

Così raccolse il calice, lo ripulì dal terriccio e lo riempì di nuovo.

Quando fu mezzo pieno, il falco scagliò un altro attacco, facendo rovesciare il liquido.

Gengis Khan adorava quell’animale, ma sapeva di non poter premettere che gli mancasse di rispetto, in nessuna circostanza: qualcuno avrebbe potuto assistere a quella scena da lontano, una persona che in seguito si sarebbe magari presa la briga di raccontare ai suoi guerrieri che il grande conquistatore non era in grado di domare neppure un uccello.

Allora sguainò la spada che portava alla cintura, afferrò il calice e ricominciò a riempirlo, con un occhio alla fonte e l’altro al falco. Quando l’acqua raggiunse quasi l’orlo del bicchiere, mentre si accingeva a bere, il falco si levò in volo e si diresse verso di lui. Con un colpo secco, Gengis Khan gli trafisse il petto.

Adesso il filo d’acqua si era prosciugato. Deciso a placare la sua sete, il grande condottiero si arrampicò sulla roccia in cerca della fonte. Con grande sorpresa, scoprì una pozza d’acqua, ma dentro di essa vide un serpente morto, uno dei più velenosi di quella zona. Se avesse bevuto, in quel momento non sarebbe più stato nel mondo dei vivi.

Gengis Khan tornò all’accampamento con il falco morto fra le braccia. Ordinò una scultura in oro dell’uccello e, su una delle ali, fece incidere queste parole:

“Anche quando un amico fa qualcosa che non ti piace, continua ad essergli amico”.

Sull’altra, dispose che fosse scritto:
”Qualsiasi azione motivata dalla furia è un’azione votata al fallimento”

 

 

IL MIO FUNERALE

(…)

Comunque, se proprio dovessi scegliere un’epigrafe, chiederei che sulla pietra fossero scolpite queste parole:

“E’ morto mentre era vivo.”

Può sembrare un controsenso, ma conosco molte persone che hanno già smesso di vivere, anche se continuano a lavorare, a mangiare e a svolgere le attività sociali di sempre.

Fanno tutto in maniera automatica, senza comprendere il momento magico contenuto in ogni giorno, senza soffermarsi  a pensare al miracolo della vita, senza capire che il minuto successivo può essere l’ultimo che trascorrono sulla faccia di questo pianeta.

(…)

Ecco perché abbiamo il dovere di guardarci intorno, di essere grati per ogni minuto che ci viene concesso – ma anche perché la morte ci permette di riflettere sulla rilevanza di ogni atteggiamento che assumiamo o che evitiamo di assumere. E, partendo da questo, perché ci pone nella condizione di smettere di fare tutto ciò che ci rende dei “morti vivi”: sì, dobbiamo imparare a puntare alto, a rischiare tutto per le cose che sogniamo di realizzare.

Ghiacchè, volenti o nolenti, l’angelo della morte ci sta aspettando.

 

 

(…) Mi racconta che, durante un viaggio in Nepal, ha trascorso alcune settimane in un monastero. Un pomeriggio, mentre passeggiava nei dintorni con un monaco, questi aprì la propria bisaccia e si soffermò lungamente a osservarne il contenuto.

Subito dopo, disse alla mia amica:
”Sai che le banane possono insegnarti il significato dell’esistenza?”

Poi estrasse dalla borsa una banana marcia e la gettò via.

“Quella è la vita passata, che non è stata goduta al momento opportuno e che adesso risulta invivibile perché è troppo tardi”

Poi tirò fuori dalla bisaccia una banana acerba, gliela mostrò e la ripose.

“Questa è la vita a venire: bisogna aspettare il momento giusto per viverla”

Infine estrasse una banana matura, la sbucciò e la divise con Isabella.

Questo è il presente. Impara a divorarlo senza alcuna paura o senso di colpa”

 

 

A Madrid vive Norma, una brasiliana molto speciale. Gli spagnoli la chiamano Vovò Roqueira, “Nonna Rock”: ha più di sessant’anni e lavora in svariati posti contemporaneamente, inventandosi feste, promozioni e concerti.

Una volta, verso le quattro del mattino – quando ormai ero sul punto di stramazzare per la stanchezza – domandai a Norma dove prendesse tanta energia.

“Ho un calendario magico. Se vuoi, posso mostrartelo”

L’indomani pomeriggio, mi recai a casa sua. Lei prese un vecchio opuscolo, pieno di scarabocchi.

“Be’, oggi è l’anniversario della scoperta del vaccino contro la poliomielite,” disse. “Dobbiamo festeggiare, perché la vita è bella!”

Nello spazio dedicato a ciascun giorno dell’anno, Norma aveva trascritto qualche evento positivo accaduto in quella data.

Per lei, la vita possedeva sempre un motivo di gioia.

 

 

CIO CHE E’ DIVERTENTE NELL’UOMO

Un tizio domandò al mio amico Jaime Cohen:

“Secondo te, qual è la cosa più divertente degli esseri umani”

Cohen rispose:

“Il fatto che siano sempre contraddittori: hanno la fretta di crescere, e poi sospirano l’infanzia perduta. Sacrificano la salute per ottenere il denaro, e poi spendono i soldi per avere la salute.

“Pensano in modo talmente impaziente al futuro che trascurano il presente – e così non si godono né il presente né il futuro

“Vivono come se non dovessero morire mai, e muoiono come se non avessero mai vissuto”